martedì 6 novembre 2018

LA TAZZINA INCRINATA - racconto di Barbara Giorgi



Cos’è la solitudine? In fondo, potrebbe essere considerata come qualcosa di costruttivo, di formativo. Momenti di profonda conoscenza di sé. Possibilità di autoanalisi.
La solitudine come percorso di crescita. Qualcosa di metafisico. Di ascetico. Di…
Quante stupidaggini. Pensò Bianca. Quante stupidaggini per dire a se stessa che non ci sono alternative. Edulcorando il tutto, addolcendolo come quando si dà una medicina ai bambini, mascherandola ben bene.
Ma Bianca era stanca delle maschere. Maschere che aveva visto, vissuto, respirato, annusato tutta la vita.
Sospirava, per non piangere, davanti alla tazzina vuota, con il bordo sporco di caffè e quella piccola incrinatura che c’era sempre stata, fin dal momento dell’acquisto. Ma lei l’aveva comprata lo stesso, perché era una tazzina sola, senza piattino: una povera tazzina esposta sulla bancarella di un panciuto signore indiano che si dondolava incessantemente, toccandosi la barba.
“Compra compra, bella signora…” le aveva detto.
E lei gli aveva sorriso, fermandosi davanti alla bancarella coperta da un lenzuolo ricamato. Sopra c’erano tazzine da caffè, da tè, antichi narghilè, vassoi tondi in metallo intarsiato e altri rettangolari in legno di teak. E un susseguirsi incredibile di bigiotteria di ogni forma e colore possibile. Ma Bianca non amava i gioielli: preferiva le tazze da caffè e da tè.
La tazzina da caffè incrinata era in mezzo a una teiera di porcellana inglese e a un narghilè di peltro: evidentemente, era una povera tazzina senza importanza, messa a caso in un posto a caso.
“Capita spesso, nella vita, di essere persone messe a caso in posti a caso…” pensò Bianca.
E così, comprò quella tazzina incrinata, con due roselline dipinte. E anche quelle erano lì un po’ a caso: dipinte senza troppa cura, con petali che sembravano macchie rosa schizzate via da un pennello. Tutto un caso, insomma. O un caos.
L’incrinatura era la vera parte bella della tazzina, perché quella non era nata a caso: sicuramente qualcosa o qualcuno l’aveva provocata. Un’incrinatura della vita, voluta dalla vita.
Anche Bianca era incrinata. E non era un caso. Era il destino e il destino pianifica, sa, agisce.
Il destino aveva deciso che Bianca fosse come la tazzina di caffè, esposta tra la teiera inglese e il narghilè: una piccola cosa incrinata e sofferente tra persone più incombenti e forti.
Si era sposata a vent’anni, Bianca. E da allora aveva provato a vivere in mezzo alle teiere panciute e incombenti, ma non c’era riuscita.
“Tu devi fare sempre ciò che ti dico io!” le diceva il marito, ripetendo il suo mantra quotidiano “Se fai come dico io, non ci sono problemi. Se non mi rispetti, invece avrai problemi!”
Anche i suoi genitori non l’avevano trattata meglio: per loro, era sempre stata una sciocca ragazza, una fuori dalle righe, una che non avrebbe mai potuto combinare nulla di buono nella vita.
E amiche no, non poteva averne, perché “fanno perdere tempo in chiacchiere”.
Anno dopo anno, la sua vita si era consolidata in un ripetersi di azioni meccaniche, quasi inconsapevoli, dettate da altri. Cucinava, lavava, stirava. Questo era e questo doveva bastarle.
All’inizio del matrimonio,  si era permessa di dire un unico “no”: non voleva figli. Perché sentiva dentro di sé la necessità di crescere ancora, di trovare una strada tutta sua: c’era in lei quella bambina che ancora protestava e chiedeva attenzione.
Ma lo schiaffo del marito aveva troncato quel “no” sul nascere. Lei avrebbe dovuto partorire dei figli, volente o nolente.
“Le donne vengono al mondo solo per fare figli! Non te l’ha detto tua madre? Servite a quello e a nient’altro!” e il marito aveva enunciato la sentenza.
Bianca partorì il suo primo figlio maschio all’età di ventitré anni. Poi il secondo figlio maschio all’età di venticinque anni. E la femmina all’età di trenta.
“Ho cinquant’anni. Oggi compio cinquant’anni. Sono vecchia…” pensò Bianca guardano la sua tazzina incrinata.
Ormai, i tre figli vivevano tutti fuori casa. Il padre aveva acquistato tre monolocali, dicendo che avrebbero dovuto affrontare la vita da soli. Ma in realtà, chi affrontava davvero la vita da sola era la figlia, che lavorava come hostess in una compagnia di volo internazionale.
I due maschi invece erano impiegati alla contabilità, nell’azienda di famiglia. Un’azienda che produceva da cent’anni mobili in legno massello: ingombranti, pesanti, rifiniti all’eccesso, tirati a lucido con strati di coppale. La rappresentazione simbolica di suo marito e di quella famiglia di mobilieri. Tutti incollati al passato.
“Vattene… vai a vivere lontano da qui…” era il consiglio che lei aveva dato alla figlia “devi  costruire la tua vita altrove. Sii libera. Sii te stessa. Cerca la tua strada. Devi essere come un’aquila che vola libera, consapevole della vista acuta e della potenza del battito d’ali. Non farti mettere in gabbia. Mai.”
Bianca aveva sempre adorato il concetto di “libertà”.
“Che differenza c’è tra libertà e solitudine? Enorme. Mia figlia è libera, mentre io sono una donna sola. Ecco la differenza…” pensava Bianca, riflettendo sui suoi cinquant’anni “Vivere con un uomo che non ti ama è come vivere  con un fantasma. E’ come sentirsi morte dentro.”
Bianca, i suoi cinquant’anni e la tazzina incrinata. Una strana compagnia.
“Se potessi avere un regalo per il mio compleanno, un regalo dal destino, un regalo importante… vorrei che fosse una possibilità. Un cambiamento. Una vita nuova.”
Bianca sognava. Bianca scuoteva la testa.
Un andare e venire di pensieri: ricordi, rimpianti, scelte sbagliate, treni persi, anni sopravvissuti e non vissuti, momenti imperfetti di una vita imperfetta.
Rughe, crepe, crateri.
Bianca toccò con l’indice destro l’incrinatura della tazzina, seguendo pian piano quel percorso in rilievo.
“L’indiano diceva che l’incrinatura è segno di vita vissuta e sapienza, come le rughe. L’indiano la sapeva lunga. Avrebbe detto qualsiasi cosa per farmi comprare questa tazzina.”
Iniziò a piangere. E le lacrime quasi le facevano compagnia, scivolando giù calde. Calde come una carezza sul viso. Calde come un abbraccio. Calde come un sorso di caffè che ti risveglia.
Sentiva il percorso delle lacrime, dagli occhi fino al mento. Poi le osservava cadere lente sul tavolo. Silenziose, come tutte le lacrime del mondo.
“Il silenzio delle lacrime è un segno di rispetto per chi piange. Chi piange non vuole rumore intorno e le lacrime sanno ascoltare senza dare fastidio.”
Bianca, i suoi cinquant’anni, la tazzina incrinata. E le lacrime. Ora la strana compagnia aumentava.
Bianca era immobile su quella sedia, con la mente vuota e le gambe di piombo.
Osservava, in assenza di pensiero, tutto quello che aveva sotto gli occhi.
Tazzina, tavolo, sedie. Il lampadario. La finestra con i vetri appena puliti. Le pareti bianche, troppo bianche, talmente bianche da non meritare alcuna attenzione.
“Appendiamo un quadro…” aveva proposto più volte. Ma no, i quadri davano fastidio. Bastavano gli ingombranti e coppalati mobili dell’azienda di famiglia.
“I quadri non servono a niente. Stanno lì appesi senza uno scopo, un’utilità!”  Per suo marito, l’arte non aveva alcun motivo di esistere, come mille altre cose della vita.
Bianca tornò a guardare la tazzina e ricominciò a pensare.
“Dovrei farmi un caffè. Piove. Fa freddo. C’è il temporale da ore. Sì, mi faccio un caffè.”
Si asciugò le lacrime. Poi, allungò entrambe le mani e prese la tazzina.
Si alzò dalla sedia, ma non andò verso la macchina del caffè espresso.
Si avvicinò alla dispensa e prese della carta da forno: ne strappò un pezzo e avvolse con quello la sua tazzina incrinata.
Mise la tazzina in uno zaino, insieme ai suoi documenti, una maglia di lana e un pettine.
“Non mi serve altro!” disse a voce alta, come se avesse voluto comunicare con qualcuno. O con se stessa, in modo eclatante e perentorio.
Prese lo zaino, si infilò le scarpe e uscì di casa, sbattendo la porta con tutta la sua forza.
Ora Bianca era in strada  e respirava l’aria umida a pieni polmoni.
Pioveva ancora. Il temporale era finito, ma c’era qualche goccia leggera e silenziosa, come le lacrime.
Non vedeva più le pareti bianche: c’erano persone con cappelli e ombrelli colorati.
E un piccolo cane randagio che abbaiava al mondo. E due bambini che schizzavano acqua da una pozzanghera. E un semaforo rotto lampeggiante. E delle ragazzine che ridevano vicino alla vetrina del bar.
E poi. Poi c’era tutto quel cielo grigio, immensamente grigio, con ribelli e magnifiche strisce color arancio che promettevano qualcosa di buono.
Bianca strinse a sé lo zaino, in modo delicato e protettivo, pensando alla tazzina incrinata avvolta nella carta da forno.
Ricominciare a vivere con una tazzina, una maglia e un pettine era, probabilmente, la cosa più assurda del mondo. Una vita in uno zaino, senza sapere cosa fare e dove andare.
 “Capita spesso, nella vita, di essere persone messe a caso, in posti a caso…”
Ripensò a quella frase che aveva detto a se stessa, qualche anno prima. Forse, era arrivato il momento di un altro posto a caso: così, seguendo semplicemente l’istinto. L’importante era non sentire più il peso della solitudine interiore, il senso di soffocamento dentro una vita non voluta.
Quell’intenso color arancio ora stava prendendo spazio nel cielo e ogni cosa sulla terra assumeva una luce più calda e brillante.
 “Non sono più sola. Sono libera!” esclamò Bianca, sorridendo a un panciuto signore indiano, che passava di lì per caso.

Racconto di Barbara Giorgi, 2018, Copyright

giovedì 4 gennaio 2018

IL SALOTTO DEL BARGONI - Eventi di gennaio









Il "BARGONI" è uno storico locale di Marina di Massa (Toscana). Si trova in Piazza Betti, a pochi passi dallo splendido lungomare.
La titolare, sig.ra Dora Vitrani, ne cura ogni aspetto con attenzione, professionalità ed eleganza.
Il locale può vantare uno Staff competente e cortese, una cucina raffinata e di primissimo livello, una location luminosa e glamour.
Oltre all'attività di bar pasticceria e di lounge bar con aperitivi e buffet, il locale inizierà a breve un nuovo percorso: all'interno del suo Salotto, dotato di arredi consoni all'atmosfera, verranno ospitati EVENTI ARTISTICO-CULTURALI con Artiste ed Artisti di diversi ambiti (poesia, narrativa, arti figurative, musica).

Nel mese di gennaio 2018, il Salotto del Bargoni ospiterà i seguenti Eventi artistico-culturali (a cura di Barbara Giorgi), dalle ore 19:

Giovedì 11 gennaio - Caffè artistico letterario apuano.
Saranno presenti poetesse e poeti del rinomato gruppo culturale apuano, con un Reading a tema libero.
Gruppo promotore del Caffè artistico culturale apuano: Benedetta CiCardone, Stefano CarloniMarina Marini DanziAngela Maria Fruzzetti
Artisti del Reading poetico:
Benedetta Cardone 
Marina Marina Danzi 
Stefano Carloni 
Stefano Rossi
Angela Maria Fruzzetti
Marco Alberti
Giorgio Parolini
Pietro Zaccagna
Egizia Malatesta
Gabriella Izzo
Giuliano Lazzarotti
Nico Menchini
Paolo Milani.
Presentazione a cura di Barbara Giorgi
Esposizione di dipinti di Marcella Cardone e di foto artistiche di Marina Marini Danzi.

Giovedì 18 gennaio - Angela Maria Fruzzetti
La giornalista, poetessa, scrittrice apuana presenterà i suoi libri, dedicati soprattutto alle donne.
Saranno trattati temi quali: il valore storico-sociale del cammino delle donne, la condivisione emotiva e la rete virtuale-reale tra donne, l'importanza della lotta antiviolenza e dell'affermazione della parità di genere.
L'autrice dialogherà con Barbara Giorgi (blogger e scrittrice) e Rossana Lazzini (giornalista).

Letture a cura di Laura Zaccagna.
Performances di Marco Alberti, poeta e cantautore.
Esposizione di dipinti di Mafalda Pegollo.

Giovedì 25 gennaio - Ilaria Dalle Luche Jones e Elena Cirillo.
La scrittrice Ilaria Dalle Luche Jones presenterà il suo ultimo libro "Cuori precari" (il terzo della serie di libri dedicati all'amicizia al femminile e alle complicazioni nelle relazioni amorose).
L'autrice dialogherà con Barbara Giorgi (blogger e scrittrice).
La serata prevede performances di Elena Cirillo (musicista e cantante professionista) e di alcune allieve della scuola di canto "Play the Voice", diretta dalla stessa Artista.
Elena Cirillo, violinista della band del grande Francesco De Gregori, presenterà dei suoi inediti.
Esposizione di dipinti di Sara Chiara Strenta (Mary Anne).

Al termine di ogni evento artistico-culturale si terrà un aperitivo che faciliterà la conoscenza delle artiste e degli artisti da parte del pubblico presente.

Costo aperitivo: 8 euro (buffet con una consumazione).