sabato 26 aprile 2014

MARIA ANGELICA CORRERA, un'Artista con la A maiuscola

A volte, nei social, capita di conoscere persone  speciali. E con loro scambiamo parole, emozioni, foto, momenti.
Sembra che tutto finisca lì, in quegli attimi di vita virtuale.
Sembra che tutto rimanga in superficie, come una bolla di sapone pronta a scomparire.
Poi invece, può succedere altro.
Può accadere che un'amica di quelle definite "virtuali", un'Artista che abita lontano da te, ti dica che parteciperà ad un evento artistico a pochi chilometri da casa tua.
Allora pensi: "sono curiosa... voglio conoscerla!"
E' accaduto anche a me. Oggi, nel pomeriggio.

Decido di andare alla FIERA DI CARRARA , "TUTTO CASA" 2014. E mi dirigo subito al padiglione B dove espongono anche i PITTORI. 
Cerco il suo stand, dal titolo ACTION and MOVEMENT.
"Ciao, sono la Strega!" dico ridendo all'amica virtuale che ora posso vedere in tutto il suo splendore. Lei mi abbraccia. Forte. Mi sorride.
E' bella MARIA ANGELICA CORRERA. E' bella fuori e dentro. E' elegante nella parola, nel gesto, nel portamento. E' elegante quando si tocca il ciuffo biondo ribelle, quando sorride e quando ride.
Potrei stare ore a sentirle raccontare dei suoi quadri.
"Ti prego, parlami dei tuoi dipinti. Dimmi tutto di loro. Voglio sapere..." le chiedo subito.
E lì, come una brava scolaretta, ascolto zitta e attenta. Sottolineo, zitta: cercate di capire... una strega che sta zitta. Può accadere solo di fronte alla magia dell'Arte.
Maria Angelica mi parla dei suoi quadri con sapienza tecnica ed emozione: con la testa che si fonde con il cuore.
"Puoi vedere ciò che vuoi in un quadro. In alcuni prevarrà la figura, in altri il colore" mi dice.
Ed io rimango incantata a guardare le tele con le lacrime di acrilico che scendono lente, le tele con quei big bang di colore da cui sembra nascere un universo di emozione, le tele con quella materia ruvida che viene avanti, verso i tuoi occhi,  per darti ancor più l'idea di consistenza e vita. Perché nei suoi quadri c'è vita, senza dubbio.
Poi, osservo da vicino la tela che - tempo fa, vedendola in foto in un social - avevo definito un fiore rosso, quasi un simbolo di  lotta alla violenza di genere. Del resto lei dice che ciascuno, in un quadro, vede ciò che detta il cuore.
Poi ancora, ho ammirato quello nero: un'esplosione di mille neri che ti entrano dentro.
E la tela con il cadere del glicine immerso nel verde. Facciamo foto in mezzo a tutto quel concentrato di Arte.
Ad un tratto, Maria Angelica mi mostra delle tele custodite in uno spazio a parte.
Toglie dalla custodia un quadro: la "NINFEA".
"E' verde. Io in genere non amo il verde. Ma questo quadro è magnifico. C'è tutta la natura dentro! Mi hai fatto cambiare idea sul colore verde in pochi secondi!" le dico.
Non serve aggiungere altro. Maria Angelica mi regala quel quadro. Scrive dietro una dedica bellissima.
Oggi non gliel'ho detto, ma quasi mi sono sentita un nodo in gola dall'emozione. Perché quando respiri così da vicino l'Arte, non puoi fare a meno di sentire qualcosa di profondo dentro. L'Arte sconvolge. Se non sei di sasso, non puoi restare distaccata da tutto questo.
Ho preso il mio regalo stupendo, l'ho ringraziata e sono tornata a casa.
Ora la NINFEA è appesa sopra al divano di pelle nera, in sala. Ma non credo che rimarrà lì a lungo. So già che farà il giro della casa, in modo vivace e ribelle, come sono io.
Guardo e riguardo questa tela: è come se una parte del mio giardino fosse entrata in casa, è come se Madre Natura mi volesse far compagnia anche quando fuori fa freddo e piove.
Maria Angelica Correra mi ha regalato la sua  NINFEA. Ma non solo. Mi ha regalato una parte di sé. E io ne avrò cura, con affetto, con amore.
Grazie Maria Angelica. Sei un'Artista con la A maiuscola.




Dipinto di MARIA ANGELICA CORRERA





Dipinto di MARIA ANGELICA CORRERA




Dipinto di MARIA ANGELICA CORRERA




Il bellissimo dipinto NINFEA di MARIA ANGELICA CORRERA, in casa mia.







Dedica sul retro del dipinto NINFEA di MARIA ANGELICA CORRERA






lunedì 7 aprile 2014

VIDEO: BARBARA GIORGI RECITA "CHIAMATEMI STREGA"



Monologo  "CHIAMATEMI  STREGA" di BARBARA  GIORGI, dedicato a FRANCA RAME.
Qui recitato dall'autrice.


mercoledì 2 aprile 2014

I MINI UOMINI

Nel settembre 2013, ho pubblicato il mio monologo "I MINI UOMINI" nel mio blog PAROLA DI STREGA.
Qui: http://paroladistrega.wordpress.com/?s=i+mini+uomini&x=6&y=5

Vi ripropongo questo testo, che ho letto anche la sera dell'evento culturale EMOZIONI E PAROLE DI DONNE, a Massa, 30 marzo.


I  MINI  UOMINI 
di  Barbara  Giorgi

Ci sono uomini e uomini. Certo: ci sono anche donne e donne. Come ci sono pure gatti e gatti, lasagne e lasagne, scarpe e scarpe, libri e libri. Al mondo c’è varietà.
Anche gli uomini sono di diverso tipo…
Ma va da sé: senza gli uomini non potremmo certo scrivere e cantare di sole-cuore-amore, non potremmo leggere i versi di Paolo e Francesca, non guarderemmo la luna e le stelle con il naso all’insù e lo stomaco in subbuglio, non compreremmo chili di post-it per lasciare messaggini innamorati in ogni dove, non sospireremmo come asmatiche di fronte al mazzo di rose rosse simbolo d’amore eterno, non piangeremmo lacrime più copiose delle gocce del Gange nel guardare film romantici.
Non saremmo noi. Senza gli uomini non saremmo qui.
E loro senza di noi? Neppure loro sarebbero qui. Solo che molti non lo sanno: credono di essere arrivati con la cicogna.

Comunque, non sono tutti così male.
Ci sono quelli della partita satellitare sparata in tv a tutto volume (per ascoltare meglio i commenti sagaci e filosofeggianti dello speaker) accompagnata da un chilo di spaghetti al dente conditi con vasetto confezione famiglia di sugo all’amatriciana. E birra fredda. Il tutto senza apparecchiare, così come viene, un momento improvvisato e naif sul divano (soprattutto sui divani di stoffa bianchi che attirano il sugo a calamita).
Ma questi sono gli uomini che - probabilmente - ci stanno pure simpatici. Perché, diciamolo, è preferibile che guardino la partita piuttosto che vederli girare in casa con trapano e martello mentre tentano di attaccare mensole. Mine vaganti. E guai a chiedere informazioni sulle intenzioni: è lesa la loro dignità di bricoleur.

Poi ci sono quelli che invece fanno gli intellettuali. Magari non lo sono, ma lo fanno.
E sanno tutto di tutto e tentano di spiegarci al millimetro cosa sarebbe meglio fare-come-quando-perché.
E se ci raccontano una cosa iniziano da Adamo ed Eva, mentre noi sappiamo già qual è la conclusione e pure tutte le eventuali opzioni e vie di fuga. Con e senza mela del peccato.
E mentre parlano, noi pensiamo alla lista della spesa, ripassiamo tutto il bilancio familiare e quello dell’ufficio.
Ma questi uomini non sono così male: parlando tanto, ci aiutano a stare sveglie anche senza caffè.

Poi ancora ci sono quelli muti. Come un pesce, come una lumaca, come il vaso di terracotta con le ortensie. Mutissimi. E se parliamo chiedendo la loro attenzione, ci fissano con un’assenza di pensiero preoccupante. La spiegazione logicissima è sempre quella. Sono stanchi. Noi no. Noi siamo sempre vispe come grilli ad agosto: anche con quarantadue di febbre, mal di testa cronico e tallonite acuta. Ma si sa: la stanchezza è prerogativa del maschio che lavora. La donna lavora per diletto.
Ma anche questi uomini, in fondo, sono amabili. Il loro silenzio ci permette l’elaborazione di monologhi entusiasmanti, tipo quelli tenuti allo speakers’ corner a Londra. Ce le cantiamo e ce le suoniamo.

E infine ci sono loro: i MINI UOMINI. Quelli che sono “mini” in quanto non sono uomini. Non come gli altri. Sono omini, omuncoli, ometti.
I MINI UOMINI sono quelli che per sentirsi “maxi” usano la clava: non sono ancora usciti dalla caverna, non sono ancora sapiens sapiens, non hanno ancora capito che l’altra metà del pianeta è abitata da noi donne. Credono di essere gli unici esseri pensanti di tutto l’universo. Oltre a loro, tutto il resto, dal pidocchio alla donna, dal virus alla femmina… è roba da brodo primordiale. Anzi, credono che i virus siano anche più intelligenti della donna.

I MINI UOMINI sono quelli che prima dicono di amarti: vanno in cielo e rubano la luna per te, ti coprono di petali di rosa e ti fanno levitare dal suolo. Poi ad un tratto, un giorno, si tolgono la maschera mostrando il loro essere mostruoso.
E iniziano ad arrivare le critiche cattive, quelle costruite ad hoc per distruggere la nostra sicurezza, per farci sentire in balìa delle onde.
E poi arrivano le offese urlate, quelle scagliate contro come sassi: una lapidazione in piena regola per noi, colpevoli d’essere donne.
E ancora, come in un film dell’orrore quando la musica incalza, ecco le spinte, ecco il primo schiaffo.
E poi un altro ed un altro ancora.
E magari, nel tempo, arrivano i pugni. E i calci sul corpo disteso a terra, piegato e racchiuso in sé come quello di un neonato.

Noi non usiamo la forza. Non quella fisica. Raro.
Noi siamo forti dentro. Siamo dei contenitori immensi di forza interiore. Siamo così immense che in noi non esiste un principio e non esiste una fine.

O meglio, la fine spesso c’è. E noi, con il nostro contenitore di forza, ce ne andiamo senza far troppo rumore. Basta l’ultimo calcio, basta l’ultimo pugno.
Ma il MINI UOMO non vince. Non può vincere. Non vincerà mai.
Perché per ogni donna caduta sotto la sua clava da cavernicolo, ce ne saranno sempre altre mille che alzeranno la testa.